mercoledì 23 ottobre 2013

“Se volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dove è nata la Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei lager dove furono sterminati” (Piero Calamandrei)-

Se volete andare nei luoghi dove si sta distruggendo la nostra Costituzione, andate a Montecitorio o a Palazzo Madama, dove troverete molti indagati, condannati e nominati che con il loro voto si apprestano a rinnegare il sacrificio di tanti partigiani che caddero per la nostra libertà..!



Giorgio Poidomani ha condiviso un link.
Youdem.tv mena il can per l'aia e si trastulla sulle minchiate del senso tecnico delle parole, per tener stretti al P.D. alcuni suoi giocondi attivisti ai quali è sufficiente dare l'illusione che solo il loro partito conosce il verbo ed è qualificato, mentre gli altri sono tutti delle merdacce. 
Questi filmatini tra lo sfrontato ed il supponente non aggiungono ne tolgono nulla alla sostanza delle cose. La sostanza delle cose è che il governo Letta gode della solidissima fiducia di un parlamento ampiamente screditato agli occhi della stragrande maggioranza del popolo italiano, solo grazie al fatto che è stato ideato, voluto ed ha il pieno sostegno del Capo dello Stato, anche questi atti sono all'estremo limite dei poteri del Presidente della Repubblica eppure sono ampiamente in essere.
 Ecco che a questo punto basterebbe una solo parola della più alta carica dello stato che metta in dubbio la validità dell'attuale esecutivo, per creare chiaramente le condizioni politiche per l'immediata crisi di un governo assolutamente inviso al paese ed in buona parte anche al parlamento. 
Se si aggiunge che lo stesso Errico Letta ha pubblicamente più volte ripetuto che andrà indefessamente avanti nel suo programma di governo, solo finché potrà godere della piena fiducia del Presidente della Repubblica. 
Ecco che questo spot acquista in pieno la valenza dell'aria fritta, mentre pur non essendo ne un elettore ne un sostenitore del M5S devo riconoscere che, nella sostanza la richiesta di Carlo Sibilia a Napolitano è assolutamente plausibile, per quanto ovviamente provocatoria in considerazione dell'attuale pappa e ciccia in corso tra il Quirinale e il potere esecutivo, pappa e ciccia che squalifica fortemente la funzione di rappresentante di tutti i cittadini italiani da parte del Capo dello Stato.



LA LARGHE FRAINTESE-Marco Travaglio-Il Fatto Q.-23/10/13


Il presidente della Repubblica è molto nervoso, eppure non ne avrebbe davvero di che. Dopo sette anni e mezzo trascorsi a impartire ordini e moniti a tutti, dal Parlamento ai governi, dai premier ai ministri, dai partiti di maggioranza a quelli di opposizione, dai magistrati al Csm, dalle tv ai giornali, dai sindacati agli elettori, dagli storici ai giuristi, dai movimenti di piazza persino a qualche produttore e regista di film, ha trasformato l’Italia in una monarchia assoluta dove non muove foglia che Lui non voglia. Ogni critica, anche la più timida e pallida, diventa vilipendio e lesa maestà, infatti quasi nessuno ne azzarda più. La libera stampa (si fa per dire) è letteralmente sdraiata a zerbino, commentatori e giureconsulti e intellettuali si consumano le ginocchia e sfiniscono le ghiandole salivari con peana imbarazzanti per magnificare e giustificare ogni stranezza del Re Bizzoso. 


Ma, come il Divo Giulio Cesare nei fumetti di Asterix , sopravvive un piccolo villaggio che non si arrende al pensiero unico e continua a giudicare Napolitano come se fosse soltanto il presidente di una Repubblica democratica e parlamentare, sprovvisto di divina investitura e di sacra infallibilità, dunque criticabile quando sbaglia, come accade a ogni essere umano imperfetto e fallace. 

È l’esistenza di questo villaggio che, al Divo Giorgio Cesare, fa saltare quasi ogni giorno la mosca al naso. Spingendolo, anche a causa dei cattivi e mediocri consiglieri che lo circondano, a gesti inconsulti come quello di ieri. 

“Solo il Fatto Quotidiano – ha comunicato il suo incauto ufficio stampa – crede alle ridicole panzane come quella del ‘patto tradito’ dal Presidente Napolitano. La posizione del Presidente in materia di provvedimenti di clemenza è stata a suo tempo espressa con la massima chiarezza e precisione nella dichiarazione del 13 agosto scorso”. 

Sorvoliamo per carità di patria sull’autoelogio per la “massima chiarezza e precisione” dei suoi moniti, che un presidente dall’ego un po’ meno smisurato lascerebbe ad altri, evitando di autorecensirsi. E cerchiamo di spiegare quel che è accaduto. 

Ieri, sul Fatto , Fabrizio d’Esposito ha raccontato che i falchi del Pdl sono tornati alla carica per spingere B. alla crisi di governo in quanto convinti che B. sia stato ingannato dal capo dello Stato con la promessa di un salvacondotto per i suoi processi che poi non si è avverata. 
I giornalisti politici questo fanno di mestiere: ascoltano tutte le voci dei politici e poi le riferiscono ai lettori, per spiegare quel che accade nel mondo politico. Non tutto ciò che dicono i politici può essere verificato, specie in Italia dove gli accordi – tipo quello che a fine aprile originò il governo di larghe intese – vengono stretti nelle segrete stanze, lontano da occhi e orecchi indiscreti (in Germania le larghe intese vengono concordate da Cdu ed Spd in lunghe trattative che si concludono con protocolli regolarmente sottoscritti ed esplicitati agli elettori alla luce del sole). Capita però che qualche protagonista, ogni tanto, racconti ciò che sa o dice di sapere di quegli accordi segreti.
 Ed è dovere della libera stampa prenderne atto e riferirne all’opinione pubblica, senza per questo sposare o credere a ciò che viene detto. 
Specie quando si tratta di fatti almeno verosimili: quando Libero ipotizzò la grazia a B., Napolitano s’infuriò; poi però, 13 giorni dopo la sua condanna, diramò una nota con il bugiardino, la posologia e le istruzioni per l’uso della grazia a B. E da quando B. è stato condannato in Cassazione, non passa giorno senza che i giornali, tutti i giornali, raccontino della rabbia di B. e dei suoi fedelissimi contro Napolitano per il mancato salvacondotto. E mai il Quirinale si era permesso di smentirli, perché riferivano un fatto vero: non che Napolitano avesse davvero promesso il salvacondotto, ma che B. & C. se lo aspettassero e ancora se lo aspettino. Il 1° ottobre, nell’annunciare la sfiducia al governo Letta prima della retromarcia in extremis, B. inviava una lettera al settimanale Tempi per accusare Letta jr. e Napolitano di “distruggere la loro credibilità” e “affidabilità” e di “minare le basi della democrazia parlamentare” perché rifiutavano di “garantire l’agibilità politica al proprio fondamentale partner di governo” e consentivano “il suo assassinio politico per via giudiziaria?”. E il 26 agosto vari giornali rivelavano che B. minacciava di rivelare ”tutte le promesse che Napolitano mi ha fatto quando abbiamo acconsentito a far nascere il governo Letta”. 
I giornali, tutti i giornali, riportarono quelle parole senza che il Colle li accusasse di credere alle “ridicole panzane come quella del ‘patto tradito’ dal Presidente Napolitano”. 
E fece bene, perché semmai avrebbe dovuto smentire B., non chi aveva riportato le sue parole sull’inaffidabilità del presidente e del premier che l’avevano tradito. Stavolta, come spesso gli accade con le cronache del Fatto e non con quelle di altri giornali che scrivono le stesse cose, Napolitano l’ha fatto.
 Evidentemente ci legge con particolare attenzione e passione, o forse dà per scontato che gli altri giornali credano alle panzane ma non si dà pace che lo facciamo proprio noi. Ringraziandolo per la considerazione, ci permettiamo però di fargli notare che ha sbagliato indirizzo. 
Se vuole smentire i falchi del Pdl, si rivolga ai falchi del Pdl. E se un giorno, non sia mai, volesse smentire B. che l’ha appena fatto rieleggere e sostiene il suo governo (pardon, il governo di Letta jr.), dovrebbe smentire B. Quanto a noi, è vero: ogni tanto crediamo a ridicole panzane. 
Pensi, Presidente, che ci eravamo persino bevuti quella della sua irriducibile indisponibilità alla rielezione. 
Per dire.

LA LARGHE FRAINTESE-Marco Travaglio-Il Fatto Q.-23/10/13

Il presidente della Repubblica è molto nervoso, eppure non ne avrebbe davvero di che. Dopo sette anni e mezzo trascorsi a impartire ordini e moniti a tutti, dal Parlamento ai governi, dai premier ai ministri, dai partiti di maggioranza a quelli di opposizione, dai magistrati al Csm, dalle tv ai giornali, dai sindacati agli elettori, dagli storici ai giuristi, dai movimenti di piazza persino a qualche produttore e regista di film, ha trasformato l’Italia in una monarchia assoluta dove non muove foglia che Lui non voglia. Ogni critica, anche la più timida e pallida, diventa vilipendio e lesa maestà, infatti quasi nessuno ne azzarda più. La libera stampa (si fa per dire) è letteralmente sdraiata a zerbino, commentatori e giureconsulti e intellettuali si consumano le ginocchia e sfiniscono le ghiandole salivari con peana imbarazzanti per magnificare e giustificare ogni stranezza del Re Bizzoso. Ma, come il Divo Giulio Cesare nei fumetti di Asterix , sopravvive un piccolo villaggio che non si arrende al pensiero unico e continua a giudicare Napolitano come se fosse soltanto il presidente di una Repubblica democratica e parlamentare, sprovvisto di divina investitura e di sacra infallibilità, dunque criticabile quando sbaglia, come accade a ogni essere umano imperfetto e fallace. È l’esistenza di questo villaggio che, al Divo Giorgio Cesare, fa saltare quasi ogni giorno la mosca al naso. Spingendolo, anche a causa dei cattivi e mediocri consiglieri che lo circondano, a gesti inconsulti come quello di ieri. “Solo il Fatto Quotidiano – ha comunicato il suo incauto ufficio stampa – crede alle ridicole panzane come quella del ‘patto tradito’ dal Presidente Napolitano. La posizione del Presidente in materia di provvedimenti di clemenza è stata a suo tempo espressa con la massima chiarezza e precisione nella dichiarazione del 13 agosto scorso”. Sorvoliamo per carità di patria sull’autoelogio per la “massima chiarezza e precisione” dei suoi moniti, che un presidente dall’ego un po’ meno smisurato lascerebbe ad altri, evitando di autorecensirsi. E cerchiamo di spiegare quel che è accaduto. Ieri, sul Fatto , Fabrizio d’Esposito ha raccontato che i falchi del Pdl sono tornati alla carica per spingere B. alla crisi di governo in quanto convinti che B. sia stato ingannato dal capo dello Stato con la promessa di un salvacondotto per i suoi processi che poi non si è avverata. I giornalisti politici questo fanno di mestiere: ascoltano tutte le voci dei politici e poi le riferiscono ai lettori, per spiegare quel che accade nel mondo politico. Non tutto ciò che dicono i politici può essere verificato, specie in Italia dove gli accordi – tipo quello che a fine aprile originò il governo di larghe intese – vengono stretti nelle segrete stanze, lontano da occhi e orecchi indiscreti (in Germania le larghe intese vengono concordate da Cdu ed Spd in lunghe trattative che si concludono con protocolli regolarmente sottoscritti ed esplicitati agli elettori alla luce del sole). Capita però che qualche protagonista, ogni tanto, racconti ciò che sa o dice di sapere di quegli accordi segreti. Ed è dovere della libera stampa prenderne atto e riferirne all’opinione pubblica, senza per questo sposare o credere a ciò che viene detto. Specie quando si tratta di fatti almeno verosimili: quando Libero ipotizzò la grazia a B., Napolitano s’infuriò; poi però, 13 giorni dopo la sua condanna, diramò una nota con il bugiardino, la posologia e le istruzioni per l’uso della grazia a B. E da quando B. è stato condannato in Cassazione, non passa giorno senza che i giornali, tutti i giornali, raccontino della rabbia di B. e dei suoi fedelissimi contro Napolitano per il mancato salvacondotto. E mai il Quirinale si era permesso di smentirli, perché riferivano un fatto vero: non che Napolitano avesse davvero promesso il salvacondotto, ma che B. & C. se lo aspettassero e ancora se lo aspettino. Il 1° ottobre, nell’annunciare la sfiducia al governo Letta prima della retromarcia in extremis, B. inviava una lettera al settimanale Tempi per accusare Letta jr. e Napolitano di “distruggere la loro credibilità” e “affidabilità” e di “minare le basi della democrazia parlamentare” perché rifiutavano di “garantire l’agibilità politica al proprio fondamentale partner di governo” e consentivano “il suo assassinio politico per via giudiziaria?”. E il 26 agosto vari giornali rivelavano che B. minacciava di rivelare ”tutte le promesse che Napolitano mi ha fatto quando abbiamo acconsentito a far nascere il governo Letta”. I giornali, tutti i giornali, riportarono quelle parole senza che il Colle li accusasse di credere alle “ridicole panzane come quella del ‘patto tradito’ dal Presidente Napolitano”. E fece bene, perché semmai avrebbe dovuto smentire B., non chi aveva riportato le sue parole sull’inaffidabilità del presidente e del premier che l’avevano tradito. Stavolta, come spesso gli accade con le cronache del Fatto e non con quelle di altri giornali che scrivono le stesse cose, Napolitano l’ha fatto. Evidentemente ci legge con particolare attenzione e passione, o forse dà per scontato che gli altri giornali credano alle panzane ma non si dà pace che lo facciamo proprio noi. Ringraziandolo per la considerazione, ci permettiamo però di fargli notare che ha sbagliato indirizzo. Se vuole smentire i falchi del Pdl, si rivolga ai falchi del Pdl. E se un giorno, non sia mai, volesse smentire B. che l’ha appena fatto rieleggere e sostiene il suo governo (pardon, il governo di Letta jr.), dovrebbe smentire B. Quanto a noi, è vero: ogni tanto crediamo a ridicole panzane. Pensi, Presidente, che ci eravamo persino bevuti quella della sua irriducibile indisponibilità alla rielezione. Per dire.