mercoledì 12 ottobre 2011

la rivoluzione liberale

Doveri affievoliti, diritti lesi di Antonio Pileggi
pubblicato il 14 ott 2011
(Rubrica "Intro,L'Opinione")
Quello che è accaduto ed accade in Italia in questo primo decennio del XXI secolo dovrebbe essere considerato alla luce di alcuni aspetti che presentano le caratteristiche di un “affievolimento del dovere del Rendiconto”. Aiuta a comprendere questo fenomeno, tipicamente italiano, l’esame della produzione legislativa e dei comportamenti dei Governanti che hanno messo in discussione e reso opinabile il preesistente massimo rigore in materia di adempimento del dovere del Rendiconto in ambito pubblico e nel campo privatistico.

Nella storia della Repubblica italiana ci sono state due occasioni (Governi Goria e Andreotti) in cui la bocciatura del Rendiconto ha comportato le immediate dimissioni della compagine governativa.

Due giorni fa il Governo, in presenza della mancata approvazione del Rendiconto, non si è dimesso, ma ha messo in atto una serie di iniziative che tendono a minimizzare l’evento e a dimostrare, in buona sostanza, che il “dovere” del rendiconto sia un “dovere affievolito”.

Questa singolare “teoria” del “dovere affievolito” si accompagna puntualmente, come in una “equazione matematica”, alla pratica dell’affievolimento dei diritti del cittadino in materia di “partecipazione” democratica. Mi riferisco, in particolare, alle norme in materia elettorale che hanno eliminato la possibilità di scegliere i deputati da mandare in Parlamento. La legge elettorale, peraltro, ha anche affievolito e quasi annullato il diritto e il principio “una testa un voto” perché “regala”, alla più numerosa minoranza, un premio di maggioranza e rende tale minoranza “proprietaria” delle istituzioni per 5 anni. In altri tempi, cioè prima che subentrasse la “moda” del bipolarismo all’italiana, siffatta legge elettorale sarebbe stata definita senza mezzi termini Legge truffa.

Non c’è bisogno di scomodare gli esperti del diritto costituzionale per rendersi conto che il dovere del rendiconto (chiedo scusa per la cacofonia) non può diventare, per sua stessa natura, un dovere affievolito. Chiunque sa che il rendiconto, nella “civiltà” del diritto pubblico e del diritto privato, è un dovere che ha valore formale e sostanziale di primissimo piano. Anche l’Amministratore del condominio, bravo o meno bravo che sia, sa che il rendiconto è la base centrale di legittimazione del suo operato.

Quello che accade in questi giorni in Parlamento (bocciatura del Rendiconto, richiesta di fiducia connotata da ineffabili uscite e rientri nella maggioranza governativa) è un altro episodio dell’affievolimento del dovere del Rendiconto già verificatosi attraverso le ineffabili modifiche, avvenute nel 2001, alla normativa sul falso in bilancio. Il reato di false comunicazioni sociali, prima della riforma del 2001, era previsto e punito con 5 anni di carcere. Ora è quasi depenalizzato. Anche in questo caso, l’affievolimento del dovere del Rendiconto, fa registrare il puntuale affievolimento dei diritti delle vittime dei reati che finiscono per subire i danni e le beffe delle malefatte impunite. E’ da notare, in proposito, che all’estero, a cominciare dagli Stati Uniti, le norme sulle false comunicazioni sociali sono severissime e penalmente sanzionate senza riguardi per i piccoli e per i grandi malfattori.

Martedì scorso, un giornalista di Repubblica, Antonello Caporale, ha pubblicato su Facebook una proposta-appello che merita di essere citata: “Bisognerebbe che ci decidessimo presto a chiedere il conto ai tanti che hanno governato lo spreco e le menzogne. E bisognerebbe capire che adesso non esiste altra chance: o noi o loro. Prima che le pietre ci cadano in testa. E’ venuto il tempo. E’ questo il tempo”.

La proposta-appello è stata lanciata prima della bocciatura del Rendiconto, ma è stato uno dei tantissimi segnali che dimostra come sia maturo il tempo per iniziare una vera “rivoluzione liberale” nel nostro Paese. Le parole spesso sono pietre. Questa volta le pietre sono macigni lanciati addosso a Governanti che devono essere obbligati a rispondere. La proposta-appello non è di “poco conto”. Potrebbe essere la molla, finora compressa, idonea a liberare le energie giuste per iniziare una nuova stagione di democrazia partecipata, di risveglio del senso di responsabilità e di riconsiderazione di tutto ciò che concerne l’etica pubblica. Per semplificare, oserei dire che sarebbe ora di delineare e di perseguire seriamente la nuova stagione di una Dichiarazione dei doveri dell’uomo politico.

Nonostante i periodi di restaurazione, nulla fu come prima dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. L’orgia di potere che abbiamo visto e vediamo in Italia anche attraverso l’affievolimento del dovere del Rendiconto è una “miscela esplosiva” che potrebbe portarci ad una svolta importante e significativa. Abbiamo visto per lungo tempo una moltitudine di intellettuali e di personaggi politici sostanzialmente indifferenti, se non complici, innanzi ad una gestione della cosa pubblica caratterizzata dal “trionfo” del conflitto di interessi, dal “trionfo” delle leggi ad personam e dal “trionfo” dell’appropriazione feudale delle pubbliche istituzioni. Abbiamo visto l’affermarsi dello spoil system all’italiana che ha sconvolto le regole di accesso agli incarichi richiedenti alti livelli di professionalità. E’ stata Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria che, in una recente intervista televisiva a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, ha accennato all’esistenza di “incompetenti” a livelli di alte responsabilità. Ed ha lasciato intendere come l’incompetenza sia un fenomeno a cascata poiché gli incompetenti, a loro volta, generano e nominano altri incompetenti. Addirittura abbiamo avuto a che fare con chi si è permesso di teorizzare (parlando di “modernità”) il sostanziale superamento della divisione dei poteri che ci aveva insegnato Montesquieu fin dal ’700.

E’ ora di guardare avanti. Non basta più disquisire sulla divisione dei poteri. E’ necessaria la “trasparenza” assoluta dei poteri e dell’uso dei poteri pubblici, la temporaneità degli incarichi e il rendiconto (contabile, amministrativo e politico) da parte di chi si sia proposto o voglia proporsi a rivestire incarichi pubblici. Il principio della “responsabilità” deve diventare la pietra miliare nella gestione della cosa pubblica. E’ urgente rivedere in toto il sistema dei controlli amministrativo-contabili che devono diventare efficienti, tempestivi ed efficaci. Delegare alla Magistratura la quasi totalità dei controlli spesso non è la soluzione migliore perché si intasano i Tribunali con procedimenti penali a carico di colletti bianchi che quasi sempre la fanno franca. Sono necessarie leggi severe per prevenire e combattere la corruzione.

Per sottolineare il senso di questa mia riflessione, concludo con due domande: perché quanto stabilito a livello UE per combattere la corruzione giace da troppi anni nei cassetti del Parlamento dei nominati? Perché non si pone riparo ai guasti provocati dalla quasi depenalizzazione del falso in bilancio?

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